
da Una città chiamata le sei di mattina
a mio padre che sarà tra forbici e stelle
Quel giorno avevano chiuso agosto
con i limoni sugli occhi
non sapevo ancora niente
degli aperitivi e dei film di Burton
giocavo a pallone
con la maglia del portiere
al centro del grande zabaione
dove Napoli galleggia
nella sala d’attesa
tolsero l’acqua al pesce rosso
il dottor temporale disse di chiudere le porte rimaste socchiuse
ci caricarono il buio alla nuca e spararono
era un elefante con le gambe secche
e non ci volle molto a cadere
era l’ultima via Santa Lucia
che se ne andava timida dal golfo
hanno visto alzarsi in volo uno stormo
dalla piazza fredda del letto di mia madre
hanno tolto l’uomo
hanno sradicato le sue mani dalle mie
quando tornerà sarà davanti agli occhi di Antonio
e tra le braccia di Maria come il figlio che non ha
quando tornerà non sarà buio il corridoio
si siederà a tavola e dirà: “perché avete aspettato tanto…
potevate cominciare”.
*
Un giorno tornerai a Ischia lucente
isola sola, lontana mille anni dal mare.
L’abbronzatura all’oro degli anni
che brilla di notte al gelato d’agosto
e scale di case dall’aria salata
che increspa i capelli, e salite e discese dagli occhi.
A lui chiederai i capelli a cavatappi,
e di pettinarti giornate strappate all’abbraccio
della madre larga e del padre fascista
che ti compra le scarpe per camminare in campagna
e t’adotta alla zia che ti lascia una corda
per attaccare il sole a una sedia sul balcone.
Mamma che sfogli settimane enigmistiche,
e t’accendi al divano per le corde che stridono
dell’ascensore che mi porta al quarto piano.
Figlia di un marito scorpione e parrucchiere,
che giocava nella vita da angelo, tirato giù da un albero
a bere dagli spigoli le cose felici, tendeva una mano
al tuo sonno cattivo e tre figli, ti baciava sereno
come se non esistesse la pioggia ed il buio.
Tornerà la gioia del primo giradischi
la scoperta di cose naufragate nell’ombra.
Le ali aperte dei figli tuffati, alla buona pazienza
del cuore, di piazze, di auto al casello,
del respiro, vacanze, di sere finite
alla noia beata dell’essere soli.
Verrò a mangiare melanzane a funghetti,
all’alba del tuo sorriso preso a bellezza dei salti di uccelli.
*
Michael J Fox
ti devo dire quella cosa del futuro
come un tuono in anticipo nel tuo cielo perfetto
adesso che abbiamo trent'anni prima
non chiudermi l'amore
aspetta che mi cambio
non posso tornare vestito come un imbecille
ma ora che so dove cadrà il fulmine
dammi la mano
per ripartire da quando sono partito
nutrendo con plutonio l'amore.
*
sono in bilico sul balcone storto
e vieni tu con l’anima a tracolla
non sai bene cosa dire
vieni da dove gli uccelli giocano alla lotteria
con le ali prese in prestito
vieni e dici: non c’è tempo
ho già buttato la pasta
amore mio.
*
se tu fossi stata innamorata di me
avrei trovato aperto un supermercato deserto
in cima alle stelle pieno di cioccolato
con gli scaffali lunghi del tempo rimasto sulle autostrade
e tu seduta nel carrello con un sorriso d’albero
avresti detto: voglio questo e voglio quello!
e invece patetico come l’uomo farò la fila con gli altri
e triste la cassiera mi darà il resto nel giorno grigio di un K.O.
*
facevo il portiere da pulcino
e un giorno mi tuffai in un’arancia aperta
poi per settimane ho inseguito il dopobarba di mio padre
sedendomi sui braccioli dei divani in penombra
ho abbracciato mia madre in cucina
bloccandole le braccia davanti ai fornelli
in un arcobaleno di presine
erano settimane con il fiore
mentre i miei giocattoli si facevano la guerra
la magia, l’angelo assonnato, he-man
voglio vivere in una città chiamata le sei di mattina.
*
Faccio le scale del palazzo
prima di girare la chiave nella porta
mi aspetto un sorpresa, un tuo messaggio
una lettera da lontano.
Faccio quello che devo fare
barcollo all’ingresso, la casa è la stessa
di quando inciampavi e ti tenevi al mio braccio.
Ci sono solo più buste non buttate
più cose lasciate ad aspettare la tempesta.
Niente ho visto al di là di quest’alba
niente ho fatto più che cantare stonato
niente più che bere le mani di chi me le ha strette.
Mi risveglio vestito un mattino
con la sorpresa di essere.
*
Farei l’alba e le linee del cielo
con i segni lasciati dal cuscino
sul tuo volto appena sveglia, meraviglia
che ti togli dal sonno e vieni come gli uccelli
di giorno, la tua risata è chiamare il bene
per nome, alzi le reti dei fiori con lo sguardo.
Il fuoco e i confini, le sere gialle hanno la brezza
del tuo respiro, io ti sento esistere nel vento
che piega gli ombrelli, nel petto aperto
contro la notte che si abbassa addosso.
Voglio essere con te l’onda che s’alza
e si fa nuvola, fare come il polline chiaro
sui campi e la luce che libera gli angoli.
da Però qualcosa chiama

Cos’è riconoscersi?
Misurarsi le mani palmo contro palmo
e ridere dei capelli che se ne sono andati,
della pancia che è ingrassata.
Cos’è riconoscersi? Sistemarsi
il colletto nello specchio dell’ascensore
o provare a sentire la voce
in fondo, più in fondo, più in fondo
del cuore. La voce che dice Valerio,
che dice mondo, vita. La voce smarrita
che pronuncia l’alfabeto segreto.
da Dammi tue notizie e un bacio a tutti

Questo cuore aperto
può accogliere di tutto:
vetri di bottiglie, diluvio,
radici di albero, intere autostrade,
colate di cemento, costellazioni.
Ci passi senza abbassare la testa
tu e la morte nera, palafitte,
il crollo di una diga.
Questo cuore che aperto
può tenere tutto, trema
come lavatrice nella furia di centrifuga
ed è qui, è tuo.
*
Come lavo questi piatti
fa che siano lavati
i rancori passati di Giulia.
Se lavo il coltello togli
dalla sua mente le ferite
familiari, gli sguardi taglienti
che le affondarono nel petto.
Se lavo il bicchiere toglile
la noia bastarda delle attese
la regolarità inutile di un giorno
senza squilli e senza visite.
Se lavo la pentola purifica il cuore
che sia libero da ogni delusione.
E questa parola non resti poesia
ma spacchi il vetro
risalga all’infinito e giunga dritta
al centro dell’universo.
*
Voglio che tu sappia
che non sei qui per caso
e che capiterà sempre più spesso
di salutare le persone che ami
alla stazione, di non rivederle
per settimane o mesi…
Le vedrai cadere
nella voragine dei giorni
e ti verrà da piangere e maledire,
da spaccare le vetrine.
Ma le distanze sono ponti
non possono dividere noi
che abbiamo raccolto la luce
dal pozzo degli occhi, abbiamo
visitato il tronco rotto della notte.
Voglio che tu sappia
che non sei sola mai
e che in ogni centimetro di vuoto
si muove una moltitudine
ed ogni sorriso viene
– ricordatelo, mi raccomando –
dalla riserva segreta del bene.
Sappi che ci sarà da domandarsi
il senso di tutto, che alla fine
non ci sarà una vera fine
e capirai che l’amore
era l’unica domanda buona,
l’unica risposta giusta.
*
Si diventa scemi insieme
per la vita
col tempo ci si assomiglia.
Si regola il passo per attraversare
la strada, si finisce di mangiare
contemporaneamente.
Voglio diventare scemo con te
guardare i fiori esplosi sul davanzale
far crescere la terra con i sogni.
Essere insieme lo spettacolo
del giorno che comincia.